Nuove interpretazioni di macchine volanti al Louvre

10/11/2017

Il 20 settembre 2015 Pascal Brioist, professore di storia all'Università di Tours, ha tenuto al Museo del Louvre di Parigi una conferenza intitolata "L’œil de l’oiseau : les extraordinaires machines de Léonard de Vinci" (L'occhio dell'uccello: le straordinarie macchine di Leonardo da Vinci). Inserita nel programma del ciclo di eventi "24h avec... Léonard de Vinci" organizzato dal Louvre, la conferenza si è concentrata sul tema del volo nei manoscritti di Leonardo, presentando i risultati di recenti studi condotti da Artes Mecanicae: due nuove interpretazioni del paracadute e dell’aliante di Leonardo e alcune repliche di strumenti di rilevamento.

Le due "macchine volanti" a volo planato sono il risultato di una interpretazione filologica dei manoscritti mirata ad evitare integrazioni improprie che porterebbero tali macchine a funzionare impiegando tecnologie non note all'epoca; una tendenza che spesso in passato ha indotto in errore molti esegeti della tecnologia di Leonardo. Il volo planato, che, come noto, fu il culmine del fallimento di Leonardo nei suoi studi sul volo meccanico, era già stato evocato da altri ingegneri della fine del XV secolo. L'idea di una caduta rallentata da una vela è chiaramente mostrata nel manoscritto anonimo in gran parte derivato da Taccola e Francesco di Giorgio - 34113 ADD - oggi presso la British Library (f. 200v). Nel XVI secolo il volo non era ancora realtà e l'unica possibilità di saltare con un paracadute era da un'altezza di circa 30-40 metri, come ad esempio dalla sommità delle comuni torri presenti nei centri urbani. Quindi un paracadute avrebbe dovuto essere costruito con una struttura rigida che mantenesse la vela aperta prima del salto dato che il tempo di caduta non sarebbe stato sufficiente a far aprire la vela stessa e frenare la discesa prima di arrivare a terra. Questa nuova lettura del disegno di Leonardo alla luce di tale considerazione ha portato ad un'interpretazione alternativa di alcuni dettagli.

Secondo la descrizione di Leonardo, il paracadute doveva essere una piramide di tela di lino cerata (pannolino intasato) con una base quadrata di circa 7 metri di larghezza e la medesima altezza. Leonardo usa il termine "padiglione" per indicare il paracadute stesso; questo ha portato alla progettazione di una struttura autoportante piuttosto che una vela mantenuta in posizione aperta dalla pressione dell'aria come nei moderni paracadute. Nel disegno, sebbene appena schizzato e molto piccolo, ci sono elementi per fare un'ipotesi sulla struttura. La doppia linea al centro, tracciata tra la figura umana e il paracadute, può suggerire un palo rigido che parte dall’imbracatura del personaggio e che termina nella cuspide della piramide, tenendola aperta. Le poche - ma chiare - linee tratteggiate sulla figura umana sembrano delineare i contorni di una imbracatura attaccata al bacino e al torace del personaggio, ricordando un po' quella della "pianoviola" (Codice Atlantico, f. 93r), presa qui come modello. Ai quattro angoli del telaio quadrato sono fissate altrettante corde che terminano sul palo centrale vicino alle mani del personaggio. Il disegno purtroppo non è chiaro, rendendo difficile capire se le corde siano legate al palo o se il "pilota" possa impiegarle per far inclinare la vela e controllare così la traiettoria di discesa del paracadute. Nel modello le corde sono state ancorate intorno al palo che supporta il padiglione aperto - la soluzione più semplice - come se fosse un grandissimo ombrello.

Anche l’aliante è un dispositivo che frena la caduta impiegando una vela; in esso però, a differenza del paracadute, la discesa è controllata dal pilota. Il dispositivo concepito e disegnato da Leonardo è caratterizzato da un profilo che sembra riprodurre l'aspetto di una cimice verde (palomena prasina) o più probabilmente la forma di una foglia. La nota accanto al disegno chiarisce che l'aliante è progettato per volare con il lato più affusolato rivolto in avanti. Il pilota sta in piedi su una sorta di trapezio che usa per controllare il rollio grazie alle due corde fissate al raggio trasversale della vela. Una leva azionata a mano e montata sulla trave verticale regola la cabrata. Nel disegno è assolutamente assente qualsiasi dispositivo per il controllo della virata. Sullo stesso foglio del Codice di Madrid c'è anche la famosa "sfera volante", da costruire - spiega Leonardo - impiegando canne e zendado (un drappo molto sottile per lo più di seta). Secondo le note di Leonardo, l’aliante deve essere costruito "della stessa natura", cioè con gli stessi materiali. Anche se prima vista il disegno appare piuttosto dettagliato, in realtà contiene molti elementi di incertezza. Tra questi il più difficile da interpretare è rappresentato dall'area che dovrebbe ospitare il pilota: nonostante la sua posizione sia chiaramente indicata da Leonardo, il disegno non mostra alcuna struttura evidente destinata al suo alloggiamento.

Il rollio è controllato da due corde fissate alle estremità di un corto asse trasversale. Questo è ancorato ortogonalmente all'asse longitudinale centrale della vela, attraverso un giunto di rigidità evidentemente limitata. Avere le due corde direttamente fissate ai bordi esterni della struttura a vela sarebbe stato molto più semplice ed efficace. All'estremità inferiore della trave verticale che ospita i comandi, il disegno mostra molto chiaramente un grande arco di cerchio rivolto verso il basso. Finora non è stata avanzata alcuna ipotesi convincente di interpretazione di tale segno.